- Apr 20, 2021
La rivoluzione green dei beni di lusso
“Chi più spende, meno spende”. Guai a contraddire la saggezza popolare. Un messaggio così semplice nella sua immediatezza certifica inequivocabilmente il legame tra lusso e sostenibilità. Il lusso, infatti, aiuta a mettere in pratica uno dei principi fondamentali del consumatore etico e responsabile, ovvero acquistare focalizzandosi sulla qualità e non sulla quantità. Senza dimenticarsi che la qualità si paga: il prezzo, anche elevato, di un prodotto giustifica “il valore” di chi lo ha fatto, i materiali che lo compongono, il tempo necessario a realizzarlo e la storia che esprime.
Moda e sostenibilità
In questi ultimi anni l’industria italiana della moda ha fatto passi in avanti molto interessanti sul fronte della sostenibilità.
I principali produttori di fibre e filati sintetici, ad esempio, hanno sviluppato linee di prodotti ottenuti dal riciclo del PET. Sono aumentati inoltre i tessuti bio-based, generati da materiali rinnovabili e, di pari passo, è stata intensificata la sperimentazione di biopolimeri ottenuti da scarti di filiera agroalimentare. Ne è un esempio OrangeFiber, nato dallo scarto delle arance di Sicilia o Appleskin, realizzato con scarti di mele dell’Alto Adige miscelati a poliuretano e accoppiati a tessuti.
Cosa succede nel Luxury?
Il mercato del lusso è uno dei settori di maggior rilievo nel made in Italy. Le aziende del comparto, italiane e non, stanno imparando che essere sostenibili sta diventando una necessità. Necessità dettata anche dall’esigenza di andare incontro alle richieste dei consumatori. Non è un mistero che le generazioni Y e Z siano molto più attente, rispetto ai propri genitori, alla sostenibilità di ciò che acquistano.
Il “caso” Cucinelli
La fascia dei prodotti di lusso, è proprio quella che, per sua stessa natura, ha da sempre più rispetto delle persone. Ne è un esempio il “re” del cashmere, Brunello Cucinelli, che, nello stabilire l’intera produzione all’interno dell’antico borgo umbro di Solomeo, ha messo al centro della propria strategia il benessere dei collaboratori, dimostrando nei fatti che, per un’azienda basata sull’artigianalità, i dipendenti sono l’asset più prezioso.
Hermès che vuole resistere a lungo
C’è poi un brand come Hermès che punta invece sulla durevolezza e sull’unicità dei suoi prodotti. Hermès progetta affinché ciò che produce sia tramandato da una generazione all'altra riducendo al minimo i danni a carico del Pianeta. Nella direzione di un’economia circolare, più di 10 anni fa, il brand ha lanciato la linea “Petit H” realizzata a partire dall’invenduto.
La tecnologia a servizio della sostenibilità
L'industria della moda vede oggi una grande opportunità economica nella commercializzazione di beni ecosostenibili. In quest’ottica vanno anche gli investimenti in tecnologia e ricerca che i brand sono disposti a mettere in campo.
Gucci è ora “carbon neutral” grazie agli investimenti in agricoltura rigenerativa e biodiversità. Stella McCartney utilizza materiali all'avanguardia, come la pelle coltivata in laboratorio e la seta bioingegnerizzata.
Il futuro del lusso ce lo raccontano gli studi di Bain & Company e di The Boston Consulting Group
Ma il meglio deve ancora arrivare. Secondo quanto evidenziato dal report LuxCo2030: A Vision of Sustainable Luxury, realizzato da Bain & Company, le aziende più virtuose saranno quelle che riusciranno a scindere la crescita del business da quella dei volumi, tramite l’adozione su scala di modelli circolari come il “second hand”.
La crescita di questo mercato, stimato attualmente tra i 30-40 miliardi di dollari, è sicuramente tra i fenomeni più dirompenti con un incremento stimato del 15-20% entro i prossimi 5 anni.
Secondo lo studio di The Boston Consulting Group «The Second hand Opportunity in Hard Luxury», il 75% del comparto è rappresentato da orologi e il rimanente 25% da gioielli.
Inoltre, il 70% dei consumatori vorrebbe acquistare prodotti di seconda mano direttamente dai marchi del lusso, mentre il 74% vorrebbe che i brand certificassero i beni usati venduti attraverso i rivenditori.
Quando il second hand va di moda
La parola d’ordine, in tutti i casi, è “riuso”. Lo sa bene il gruppo francese LVMH, proprietario delle maison Dior e Louis Vuitton, che sta lanciando una piattaforma online per vendere tessuti e pelli inutilizzati dalle produzioni delle collezioni. Un passo così importante verso l'upcycling, compiuto da un colosso del lusso di tale portata, aiuterà tutto il settore fashion a diventare più circolare e sostenibile.
I gioielli sostenibili
Anche il settore della gioielleria ha sposato la causa della sostenibilità, puntando sull’utilizzo di “oro etico”, come viene definito da Chopard quello “acquisito da fonti responsabili, verificato e che soddisfi gli standard ambientali e sociali delle migliori pratiche internazionali”.
Leggermente diverso è l’oro definito da Amalena “ecologico”, ovvero estratto in modo tale da garantire un impatto minimo sulla terra e sull'ambiente. Aziende come Swarovski e Cartier si stanno impegnando per garantire che le loro catene di approvvigionamento siano eque e trasparenti e che i loro materiali d'oro siano di provenienza etica. Tiffany è riuscita a rintracciare tutto il suo oro in una singola miniera nello Utah.
Anche il packaging fa la sua parte
Anche il packaging di prodotti di lusso punta alla sostenibilità e l'uso di imballaggi biodegradabili è ormai un driver cruciale per il mercato.
Gucci utilizza cartone riciclato per le sue scatole fin dal 2010 e il gigante della cosmetica Estée Lauder si è posto l’obiettivo “zero rifiuti” per i suoi prodotti e imballaggi.
Molti altri brand hanno adottato imballaggi ecologici. Tra loro il produttore di champagne Dom Pérignon, che utilizza scatole di cartone riciclabili e biodegradabili e Ruinart, il marchio di proprietà di LVMH che lo scorso anno ha presentato un packaging eco-compatibile e 100% riciclabile.