- Apr 29, 2021
Elettrodomestici e sostenibilità, il progresso va incontro a consumatori più consapevoli
Risparmiare sui consumi domestici non solo si può, ma è anzi un dovere nella misura in cui la contrazione delle bollette si traduce anche in un minore impatto ambientale. Sarà per quello che gli elettrodomestici sono ritenuti dalla maggior parte delle persone i prodotti che più di tutti dovrebbero essere sostenibili. Da una recente indagine commissionata da LG a Gfk risulta che più di un consumatore su due li predilige a basso consumo, mentre il 40% attua in casa comportamenti volti a risparmiare energia e il 37% è attento allo spreco di acqua, con un incremento - rispettivamente del 4% e del 3% - a seguito del primo lockdown. Coerentemente dallo stesso studio si evince una predisposizione più accentuata verso l’acquisto di prodotti eco-friendly, anche a fronte di un costo maggiore.
Lavastoviglie smart
Un aiuto verso una sempre maggiore ottimizzazione delle risorse energetiche arriva dallo sviluppo delle tecnologie applicate al settore degli elettrodomestici. È possibile ad esempio optare per lavastoviglie di ultima generazione che, impostando il mix di potenza e durata del lavaggio preferito, permettono di avere un riscontro immediato sul consumo di acqua e di energia. Alcune consentono invece di eliminare anche lo sporco più ostinato senza la necessità di prelavare a mano, mentre altri modelli dispongono di un utile sistema di autodosaggio per ricaricare detersivo e brillantante una sola volta al mese. In commercio si trovano anche macchine dotate di sistemi di analisi del carico, che utilizzano soltanto la quantità di acqua e di energia necessaria per un risultato di lavaggio ottimale.
Combattere lo spreco alimentare grazie a una giusta conservazione
È dentro le mura domestiche che i consumatori possono davvero fare la differenza, anche per quanto concerne lo spreco alimentare. Ecco quindi che tra i frigoriferi si fa strada una nuova tecnologia in grado di mantenere la temperatura stabile e abbattere la formazione di batteri fino al 99% e di cattivi odori fino al 60%, migliorando così la qualità dell’aria e rallentando in modo naturale il deterioramento del cibo.
Ridurre le emissioni di CO2 nella produzione
Non solo. Le grandi aziende leader del mercato degli elettrodomestici sono più che mai in prima linea nell’investire attivamente per azzerare le emissioni di CO2. Emblematico il caso di Samsung Electronics, che ha da poco lanciato in UK una singolare campagna. Per ogni lavatrice o asciugatrice acquistata nel Regno Unito o in Irlanda, la multinazionale si impegna a compensare le emissioni di anidride carbonica derivanti dall'utilizzo del prodotto supportando una serie di programmi sostenibili, inclusi progetti di energia solare ed eolica e iniziative per la riduzione della deforestazione.
Le iniziative dell’Unione Europea
Alle iniziative virtuose dei singoli risponde a livello centrale l’Unione Europea, che ha lanciato il progetto BELT (Boost Energy Label Take up) a supporto dell’introduzione delle nuove etichette energetiche, più leggibili e razionali, in vigore dal 1° marzo per lavatrici, lavasciugatrici, frigoriferi, lavastoviglie, tv e monitor. Per cominciare, ora la classe energetica va da A a G (spariscono i +). In più, un QR Code consente ai consumatori di ottenere ulteriori informazioni sull’apparecchio semplicemente effettuandone una scansione con lo smartphone.
Il diritto alla riparabilità e la riduzione dei rifiuti elettronici
Sempre a partire da marzo, inoltre, i consumatori europei possono contare anche sul diritto alla riparabilità. Si tratta di un'iniziativa che mira a contenere il problema dell'obsolescenza programmata, ovvero le cause dell'eccessiva sostituzione dei prodotti e del loro prematuro fine vita, anche attraverso un sistema di incentivi all'economia circolare. Il diritto alla riparazione (o Right to repair) va proprio in questa direzione. Le nuove regole, in pratica, obbligano i produttori di apparecchi elettronici come lavatrici, lavastoviglie, frigoriferi e televisori, che rientrerebbero tra i cosiddetti rifiuti Raee, a rispettare determinati criteri di progettazione e realizzazione e a rendere disponibili i pezzi di ricambio, finora spesso introvabili. In tal modo viene dato impulso anche alla creazione di una rete di tecnici indipendenti che abbiano realmente interesse a riparare un prodotto, contrariamente a quanto avvenuto finora per cui, spesso, si suggerisce la sua sostituzione a fronte di un costo di riparazione troppo elevato.
Il diritto alla riparabilità è strettamente connesso anche al problema dell'impatto ambientale derivante dalla produzione di rifiuti elettronici, che vede il triste primato del Vecchio Continente. Secondo il report "Global E-waste Monitor 2020" delle Nazioni Unite, infatti, in un anno i consumatori europei ne producono mediamente 16,2 kg, davanti ad Asia (5,6 kg) e Africa (2,5 kg). Le stime prevedono inoltre che le attuali 53,5 milioni di tonnellate di Raee potrebbero raggiungere la cifra di 74 milioni entro il 2030.
La strada verso un approccio realmente ecosostenibile è ancora lunga, ma il diritto alla riparabilità è sicuramente un primo passo che va nella giusta direzione. Il prossimo obiettivo è l’estensione anche ad altre tipologie di dispositivi più soggette all'obsolescenza programmata (per esempio gli smartphone e i computer portatili) per cercare di rigenerare a più non posso. I metalli riciclati, infatti, sono da 2 a 10 volte più efficienti dal punto di vista energetico rispetto a quelli fusi da minerali vergini e l'estrazione di componenti elettronici scartati produce l'80% in meno di emissioni di anidride carbonica.
Arriva in soccorso la community: i Restart party
Riuso, riciclo e anti-spreco sono anche le parole d’ordine dei cosiddetti Restart party, appuntamenti (fisici e virtuali) per aggiustare divertendosi, che stanno riscuotendo molto successo soprattutto tra i ragazzi. «Dare una seconda vita a frigoriferi, pc e telefonini è un bell’antidoto alla logica dell’usa e getta», spiega Ugo Vallauri, condirettore della Ong britannica “The Restart Project” (therestartproject.org), una delle comunità di riparatori volontari più attive, che ha esportato questa cultura nel mondo.
I Restart party incuriosiscono già a partire dallo slogan, «Repair, don’t despair» («Ripara, non disperare»), e vengono organizzati, Covid permettendo, ogni mese: gli “aggiustatutto” mettono a disposizione gratuitamente la loro professionalità e competenza per aiutare le persone a rimettere in sesto amplificatori, telefoni cellulari, monitor, computer e qualsiasi gadget tecnologico della vita di tutti i giorni.
Non solo tecnologia: i Repair café
Per chi invece intende riparare la vecchia macchina da cucire della nonna o il lampadario ritrovato in soffitta, la soluzione si chiama Repair café (www.facebook.com/repaircafeitalia).
Un luogo dove di solito non si aggiustano oggetti tecnologici, bensì asciugacapelli, orologi, biciclette, ma anche abiti e accessori. Punto di riferimento della community è la piattaforma repaircafe.org, che fornisce anche un kit di inizio attività e un report degli interventi effettuati (nel 2019 sono state salvate 420 tonnellate di rifiuti). Gli incontri si svolgono in spazi fissi aperti ai cittadini del quartiere, come il Lab Barona (www.instagram.com/lab_barona), primo Repair Café di Milano nato a fine 2020.